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Giustizia ad Alta Velocità… ma in direzione sbagliata



11 novembre 2014
Approfittiamo delle deprimenti aperture dei quotidiani nazionali degli ultimi giorni per commentare, ancorché tardivamente, l’ennesimo attacco giudiziario a danno di un nostro associato impegnato nella difesa del territorio. Mentre scriviamo, in diverse regioni di Italia, causa pioggia, si contano morti e dispersi come in un bollettino di guerra che in realtà è solo il conto che Territorio e Natura presentano al tavolo di rapaci e corrotti appetiti. Peccato che il conto sia sempre pagato, in questo caso anche letteralmente, da chi vive ai piani più bassi, ossia da cittadini comuni a cui è tolto oramai anche il diritto di raccattare le briciole. Ma non bastano le piovose e catastrofiche notizie a guastare la giornate, in pochi giorni svariate assoluzioni in processi eccellenti (caso Cucchi, terremoto de L’Aquila, minacce mafiose a Saviano)  hanno lasciato sbigottito il Paese. Non è nostra abitudine commentare le sentenze, tantomeno prima del deposito di motivazioni che non dubitiamo essere tecnicamente ineccepibili. Tuttavia, di fronte alla dilagante impunità, non può che maturare l’idea che le vittime abbiano sempre torto, siano queste annegate durante un’alluvione, schiacciate dalle macerie, ammazzate per mafia o uscite inspiegabilmente morte da ospedali e caserme in cui erano entrare sane. A tutti questi compagni di viaggio, spesso cittadini comuni che lottano, soffrono e talvolta soccombono alla generale mancanza di buon senso e misura, tributiamo in primis il nostro pensiero e ricordo.
Accanto alla giustizia che assolve, tuttavia, corre una giustizia che condanna con velocità inusuale e senza esitazioni, anche qualora prassi, procedura e diritto permetterebbero di evitare inutili criminalizzazioni. Nella fattispecie ci riferiamo alla vicenda di cui è tristemente protagonista Enzo Vitulano, vivaista iscritto ad Etinomia sin dai primi giorni di vita della nostra associazione. Sui terreni agricoli di Enzo è costruita una semplice e modesta casupola, un edificio ad uso ricovero e serra con ricevimento clienti, compatibile, anche secondo i legali che seguono la vicenda, con la destinazione urbanistica del lotto. Sulla base di tale premessa, erroneamente, il nostro associato ha omesso di presentare apposita richiesta di permesso municipale,  mancata comunicazione che usualmente si risolve con una pratica di sanatoria e il pagamento di un’ammenda. Se tuttavia i semi piantati in quel luogo sono quelli del risveglio delle coscienze, dell’opposizione civile e pacifica alla prepotenza di stato, del riscatto dal fallimento socio-economico degli ultimi decenni, la questione è diversa. Infine, qualora i semi del dissenso, che germogliano in queste valli alpine, abbiano radicato ovunque sul territorio nazionale, non c’è scampo: ne risultano  migliaia di euro di ammenda accompagnati da due mesi di carcere. Il criminale è servito, ed ovviamente ha il foulard NOTAV al collo.
Sul tema abbiamo raggiunto telefonicamente il nostro associato per esprimere direttamente la nostra solidarietà, ed abbiamo parlato con una persona serena, che conosce il valore di una comunità che non lascia indietro nessuno, si tratti di mettere mani al portafogli, studiare carte processuali o manifestare contro sentenze ingiuste e spropositate. La serenità di chi è cosciente che la difesa del territorio impone anche scelte rischiose, che richiedono assunzione di responsabilità che quasi sempre, da collettive, diventano particolari. In questo rileviamo il comportamento etico di chi è disposto a pagare il giusto, se occorre, per le azioni consapevolmente intraprese, ma non certo a farsi tappare la bocca sotto la minaccia di condanne e sanzioni sproporzionate. Restiamo in attesa degli sviluppi del processo e dell’esito del ricorso presentato al TAR, nella speranza di riportare nell’alveo corretto una sentenza utile più a processare le idee prima che i fatti.
Ciò che non si vuole accettare, difatti, non è tanto un ricovero in legno su un terreno agricolo, quanto un luogo di risveglio, di sperimentazione che produce cultura non allineata, non accademica e quindi pericolosissima in un momento cruciale in cui le tensioni tra cittadini, amministratori ed esecutivo si manifestano quotidianamente in tutte le città italiane. Eppure è stato chiesto con clamore, ai movimenti per la difesa dei territori, di esprimere e sviluppare in maniera pacifica le proprie istanze di lotta: ebbene, intorno alla casupola in legno è maturata la forza del confronto, dell’approfondimento e del dibattito contro il sistema TAV. Questo ulteriore attacco, che si aggiunge a analoghe vicende che mirano a ridurre la capacità di espressione di movimenti e comitati tramite sanzioni e condanne esemplari, è un passo falso di uno Stato che si prepara ad affrontare il montante malumore più con il manganello che con la ragione. In un momento di crisi e di forti contrasti è naturale temere un aumento del livello di tensione: questa non può che trovare terreno di coltura negli spazi vuoti che lo Stato crea ogni volta che manca di rispondere, con correttezza e rispetto, alle istanze della popolazione. Gli ultimi eventi, purtroppo, ci narrano di una strategia che punta a sopprimere anche solo la possibilità di esprimere tale pensiero e tale domanda. E’ un gioco rischioso e miope, del tutto analogo alla “lungimiranza” di chi ha creduto di poter ingabbiare torrenti e pendii con argini e briglie, salvo poi scavare i morti sotto le colate di fango che trasformano normali piogge in catastrofi umane e sociali. Poco male, non dubitiamo che la sentenza di colpevolezza per fiumi e montagne sia già scritta, sul tavolo di qualche giudice ad Alta Velocità.
Etinomia.